Nuovamente grazie Andrea per aver riportato qui il tuo commento.
Ovviamente prima non potevo rispondere: lo faccio ora.
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Lo ammetto: mi ero stupito che manco un rigo piccino piccino picciò fosse apparso all'orizzonte della Crociera tatuata, in merito a quegli infami graffiti di odio alfanumerici che furono appunto i tatuaggi infissi sulla pelle e sulle anime dei detenuti dei lager
E' stata la prima cosa a cui ho pensato quando ho visto il tema, purtroppo trovare l'ispirazione in questo caso è stato facile
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In primis lo trovo un testo splendidamente musicabile, tipo Guccini, per intenderci.
Beh, Guccini è di fatto un cantastorie, per esprimersi ha usato spesso la ballata (che, con la chitarra utilizzata in modo egregio come fa lui e coadiuvato da Flaco Biondini, chitarrista grandissimo, sono come cacio e pepe), la rima e i tre versi ripetuti a fine strofa.
Qui i versi sono liberi, senza metrica e senza rima, quindi musicarli è più difficile.
Anche a me è venuta in mente la sua produzione, in particolare quel capolavoro di cui ho postato il video ("Auschwitz" ovvero "La canzone del bambino nel vento") nella versione presentata dal vivo con Dall'Oglio (all'inizio i Nomadi cantarono molti dei suoi pezzi perché, incredibile a dirsi, lui era troppo timido per presentarsi sul palco a causa della "r", un pelino moscia). Spesso faceva da chitarrista aggiunto in sede di registrazione.
Il pezzo uscì nel lontano 1967 in un album storico, il suo primo, "Folk beat n. 1": in copertina c'è, credo, l'unica foto in cui appare senza barba.
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Mi ha anche ricordato Simone Cristicchi, con il suo "Magazzino 18" che non c'entra nulla (forse) con il tema della poesia qui rappresentata ma tant'è
C'entra tanto, invece, perché pure lì si affronta il tema di tutto quello che i deportati hanno dovuto abbandonare (anche in termini materiali) e di come debbano essersi sentiti nel farlo. Queste persone, soprattutto agli inizi, erano convinte di dover affrontare un normale viaggio e hanno permesso loro di fare le valigie; poi sono state ammassate sui treni e gli oggetti accatastati alla meglio o lasciati nelle stazioni, alla mercé degli sciacalli.
Cristicchi è in gamba, ha anche avuto il merito di portare a Sanremo (!) un brano che affronta il tema della malattia mentale e che, non so come, è pure risultato vincitore. Su questo argomento ha anche scritto un libro, una sorta di diario legato a un periodo di tempo personalmente passato nei CIM, dove ha avuto modo di conoscere tanti "personaggi" strani che erano, in realtà, solo persone con problemi, spesso non risolvibili.
Di lui, per restare in argomento, mi sovvengono "Marinai" e "Budapest"; quest'ultima ricorda molto la "Primavera di Praga" di gucciniana memoria.
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Anche però vorrei ricordare De Gregori con il suo "Il cuoco di Salò", perché non è questione di agiografia politica e ideologica, ma di dramma, e i drammi veri, come i morti innocenti, non hanno altro colore che il Nero del lutto e il Rosso del sangue ingiustamente versato.
De Gregori è un altro pilastro della canzone d'autore italiana (ci sono pilastri anche tra i non cantautori? Sì, dai, bravi interpreti ne abbiamo; autori di nuova generazione un po' meno, o forse sono io che vivo di ricordi e, come dice Vecchioni: "Non appartengo più").
La sua "Il cuoco di Salò" esamina le cose dal punto di vista di un uomo semplice (o forse non così semplice) ed esprime le sue considerazioni riguardo alla guerra.
De Gregori aveva già ribadito più volte il suo pensiero in tal senso, per esempio nella strepitosa "Generale" o nella, meno nota, ma molto poetica, "San Lorenzo".
Anzi, guarda, è troppo bella: visto che mi è venuta in mente, posto il video.
Edited by MoonlightShadowinthedark - 4/6/2023, 14:02